Giovedì scorso ad Annozero i deliri di Casini hanno trovato sostegno in un uomo da cui non lo si sarebbe mai aspettato. Le follie sulla meritocrazia e sul numero chiuso "per il bene dei giovani" si potevano prevedere da uno come Casini, ma quando a sposare quelle posizioni da ignorante, presuntuoso e barone, è un uomo della statura di Carlo Rubbia, non c'è che da abbandonarsi al voltastomaco. Per Rubbia non è bastata la quantità di scemenze somministrata agli ascoltatori da Casini in Caltagirone, ed ha sentito il bisogno di rincarare la dose, parlando di privatizzazione delle università per incentivare concorrenza e qualità degli studi, trasformando l'accesso al sapere in un privilegio per pochi eletti.
Il buon Santoro ci ha provato, timidamente, a dire che il numero chiuso è forse l'ultimo dei problemi della nostra università. Ma il suo compito di coduttore gl'imponeva di riportare la discussione sui temi principali della puntata.
La vera piaga dell'università italiana non è la mancata privatizzazione, ma l'abbandono in cui l'ha lasciata lo Stato. La conoscenza e la scienza sono espressione di libertà, non devono diventare una voce di bilancio in una società schiava della finanza e del massimo profitto coi minimi costi.
Fondi sempre più esigui, strutture e laboratori di trent'anni fa, stipendi da sguatteri filippini per i ricercatori; sono problemi che spetta allo Stato risolvere, non ad apparati privati con interessi privati. La teoria della "mano invisibile" di Adam Smith va rivista e rinominata "teoria del fallo invisibile". Quello che sodomizza i poveri che non possono permettersi di star dietro alla logica del massimo profitto al minimo costo. L'altro volto necessario, già preventivato e cassato dai bilanci dei managers, dell'economia di mercato.
Mentre il Quirinale costa quattro volte Buckingham Palace, i nostri atenei vivono in regime di semi-autonomia finanziaria; subiscono la padronanza delle mafie accademiche, le quali varano bandi di concorso su misura per i loro rampolli e bloccano la (vera) meritocrazia. Una schiera di docenti impreparati pasce tranquilla sui pascoli dei conti pubblici dalle elementari ai licei, e questi usurpatori della Cosa Pubblica additano le colpe del disastro del nostro sistema d'istruzione al libero accesso. Andare oltre coi discorsi sarebbe superfluo. Giudicate voi.